USB ISPRA: indipendenza e salari dignitosi per una ricerca pubblica per davvero
Le conoscenze scientifiche, da sole, non sono sufficienti a invertire con decisione la direzione di un modello di sviluppo che già da tempo si è dimostrato inesorabilmente insostenibile. Ci vuole una politica che deve cambiare questo modello, abbracciando finalmente una visione orientata alla salute delle generazioni future.
Quello che invece osserviamo, è il solito, squallido, rimpallo di accuse e depistaggio, come quello messo in atto dal ministro che “vigila” sull’ISPRA nei confronti degli “ambientalisti che dicono sempre no”. Non vorremmo allora che tale vigilanza possa orientare le decisioni e le iniziative di informazione che devono uscire – in questi casi più che mai - autorevolmente ed autonomamente dal nostro Istituto.
Noi non siamo tuttologi, anche se ora va molto di moda esserlo, ma siamo ricercatori, tecnici e amministrativi che lavorano in un ente di alto profilo scientifico; noi dell’ISPRA, così come i colleghi e colleghe degli altri enti del settore. E dobbiamo fornire i servizi necessari ad espandere le conoscenze che servono ai decisori politici ma anche - anzi, soprattutto – per accrescere la consapevolezza dei cittadini ed essere, oltre che tecnici, protagonisti attivi della crescita della coscienza collettiva nei confronti della protezione ambientale.
Quanti di noi conoscono i servizi informativi e divulgativi sui temi di interesse sviluppati sia in ISPRA che negli enti internazionali con cui collaboriamo? Per esempio, i dati e gli indicatori sulla qualità dell’aria, gli effetti degli eventi idrologici estremi, il consumo di suolo. Nonostante i diversi tentativi, la comunicazione interna non sembra riuscire a coinvolgere tutto il personale e quella verso l’esterno è limitata da rigide procedure, dove è facile cadere in episodi di sudditanza - se non reale – almeno psicologica. Ma i dati ci sono, le informazioni vengono estratte e vengono fornite a chi di dovere.
Purtroppo, questo è il paradigma: a fronte di una accurata conoscenza dei fenomeni che determinano le pressioni e gli impatti sull’ambiente, c’è la quasi totale assenza di politiche ambientali tempestive ed efficaci per prevenirne le cause, per tutelare la salute della popolazione, per salvaguardare il territorio e gli ecosistemi.
In questo contesto, quale ruolo dovrebbero giocare l’ISPRA, il SNPA e, in generale, gli enti pubblici di ricerca e quali sono le condizioni minime affinché possano incidere realmente sulla sostenibilità ambientale delle attività umane senza essere soltanto un mero contenitore di dati e di conoscenze che, seppur utili, non hanno la forza di determinare un cambiamento effettivo?
Per quanto complessa, la risposta, dal punto di vista del mondo del lavoro, non può che partire dalla necessità improcrastinabile di garantire agli enti di ricerca e al personale che li anima una indipendenza vera, così da fornire quei servizi di controllo, valutazione e monitoraggio e quell’autorevole supporto tecnico scientifico nell’attuazione, a tutti i livelli amministrativi, delle politiche ambientali di cui la collettività ha bisogno e a cui avrebbe diritto.
I punti essenziali per modificare radicalmente questo sistema, spesso asservito alla politica e indifferente ai bisogni e alle aspettative dei cittadini e delle lavoratrici e dei lavoratori, possono essere identificati in maniera semplice, perché anche su questo tema le informazioni a disposizione sono più che sufficienti:
✔ I vertici degli Enti non dovrebbero più essere nominati direttamente dai governi centrali o dalle amministrazioni locali di turno al fine di garantire l’indispensabile terzietà, inoltre, dovrebbero essere, almeno in parte, espressione del mondo scientifico di cui gli EPR fanno parte;
✔ No al precariato e alla valutazione delle performance, perché rendono il personale meno indipendente e costretto a vivere nell’incertezza;
✔ Maggiori e più stabili investimenti economici nel lungo periodo, in modo tale che le attività utili alla transizione ecologica siano programmate con la necessaria tempestività;
✔ Adeguamento dei salari di tutto il personale portandoli, in breve tempo, ad un livello medio confrontabile con quello degli Stati europei più avanzati. Questa misura, inoltre renderebbe più attrattivi gli EPR per i giovani che andranno a formare i futuri gruppi di ricerca.
È per questi motivi che aderiamo convintamente allo sciopero generale proclamato da USB il 26 maggio.
Al bando la neutralità e l’indifferenza, schieriamoci e manifestiamo!
Coordinamento USB PI ISPRA